martedì 16 giugno 2020
Intervista ad Alessandro Bastasi
Il gatto è la
filosofia. Nell'ultima pagina del romanzo Lazzaro apre la porta
dell'appartamento per permettere al gatto di uscire: "L'accosto appena,
quanto basta perché la filosofia possa salvarsi, correre libera anche dai
vincoli dell'affetto". Se il gatto è la filosofia, è sia epicureo che
stoico, in una sintesi cui solo lui può arrivare. Il gatto è atarassia, assenza
di turbamento, ma è anche apatia, distacco dalle emozioni. Il suo fine, in
quanto filosofo, è raggiungere la libertà, che per il gatto coincide con quella
del mondo, a un livello quindi superiore rispetto a quella del singolo essere
esistente. Il gatto è l'etica, l'essere nel quale Lazzaro rispecchia i propri
convincimenti, i propri obiettivi, i propri comportamenti. Il gatto è il
viaggio interiore, mentre per il Lazzaro della lotta armata, per Franca, Samar
e Pietro Micca il viaggio è una fuga che per alcuni si risolve nella scoperta.
Lazzaro fugge, braccato dalle Istituzioni, prima sui Pirenei, poi in Libano. Ma
una volta a Beirut scopre un mondo, incarnato in Afrah, e scopre se stesso e la
missione che si vorrà dare, quindi la propria libertà e quella del
mondo, a partire dagli eventi di Sabra e Chatila. Ma anche Franca è
una fuggitiva, anima tormentata, secca, bruciata. E Samar, che arriva in Italia
per sfuggire alla morte, e Pietro, che vola in Brasile dove scopre chi è
veramente, un mercenario che ha abbracciato la lotta armata per spirito di
avventura, pronto a vendere se stesso e gli altri a chi gli propone l'ennesima
scarica di adrenalina. L'unico personaggio per il quale il viaggio è un eterno
ritorno, una drammatica coazione a ripetere, è Barbara: la sua intera esistenza
è un loop che ritorna sempre al punto iniziale, per ripartire più intensamente
di prima, per ritornare più rabbiosamente di prima.
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